Abstract
A partire dalla critica sviluppata da diverse prospettive storiografiche nel XX secolo, non è più strano dire che qualsiasi cosa può servire come documento. Nel campo della documentazione, le definizioni classiche di documento di Paul Otlet e Suzanne Briet, per esempio, vanno nella stessa direzione.
Un punto di vista di questo genere mette in luce la dimensione eminentemente pragmatica del documento, poiché questo concetto implicherebbe un contratto di lettura di testi e oggetti da considerare come depositari di una memoria. In altre parole, è l’osservatore che adotta un atteggiamento documentario nei confronti degli oggetti che gli consente di accedere a una conoscenza diversa da quella trasmessa da essi in prima istanza.
In questo modo, sia un paesaggio che un romanzo possono essere usati come documenti per ricostruire un evento o le forme comportamentali di un periodo storico, spostando tali oggetti dalla loro funzione culturale originale. Di conseguenza, se qualcosa è un documento o no non dipende da una definizione essenzialista ma dalla sua funzione rispetto al tipo di conoscenza che si vuole ottenere.
Applicando strumenti semiotici a diversi esempi, proporrò una tipologia delle quattro possibili funzioni documentarie: narrativa, referenziale, sistemica e rivelatrice.
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