Sabato 12 ottobre_10.00 | 12.00

Giornata del contemporaneo 2024

Cento anni di Surrealismo:
Salvador Dalì tra cinema e disegni animati
a cura di Paola Nicita

Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino

INGRESSO GRATUITO

 

 

Sabato 12 ottobre dalle 10 alle 18, in occasione dell’edizione numero 20 della Giornata del Contemporaneo dell’AMACI (Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani), il Museo delle Marionette aderirà con il focus Cento anni di Surrealismo: Salvador Dalì tra cinema e disegni animati, a cura di Paola Nicita.

Il 14 ottobre del 1924 viene pubblicato a Parigi, da André Breton, il primo Manifesto del Surrealismo, che definisce le regole del movimento: «Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere con le parole o con la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale».
A distanza di cento anni, e in coincidenza dell’adesione del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino al progetto della ventesima Giornata del Contemporaneo dell’AMACI, Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, questo focus sceglie uno degli epigoni più celebri del Surrealismo, l’artista catalano Salvador Dalì, per investigare un particolare aspetto della sua produzione, ovvero quella ideata per il cinema e per i disegni animati.
Il cinema è infatti un mezzo espressivo che fin da subito interessa Dalì, che, insieme a Luis Buñuel, firma due capolavori del cinema surrealista, Un chien andalou (Un cane andaluso, 1929) e L’âge d’or (L’età dell’oro, 1930), mostrando come la celluloide ben si prestasse, anzi apparisse ideale, a dar forma ai sogni e incubi del Surrealismo.

I filmati qui proposti sono stati realizzati da Salvador Dalì in due occasioni particolari, che lo videro  sbarcare a Hollywood; a proposito del suo arrivo a Los Angeles, città del cinema, così scriveva Dalì all’amico Breton: < Sono venuto a Hollywood e ho incontrato tre grandi surrealisti americani: i fratelli Marx, Cecil B. De Mille e Walt Disney >. Ed è proprio dall’incontro con Walt Disney, nel 1945, che prende forma la prima stesura di Destino, il disegno animato che ha avuto quasi mezzo secolo di gestazione prima di vedere la sua conclusione, oggi qui in mostra. Disney invita Dalì a trasferirsi per il tempo necessario alla realizzazione di un cartone animato negli studios: l’idea è di realizzare un lavoro mai visto, che vedrà Dalì impegnato per otto mesi, cercando di dar forma ad una storia d’amore impossibile, pensata dal pittore spagnolo come “una magica esposizione della vita nel labirinto del tempo”, la storia di due amanti uniti dal sentimento ma divisi dal destino, che si muovono immersi in paesaggi e presenze dalle forme lisergiche, con le iconografie tipicamente surrealiste del pittore spagnolo. Ma la crisi e la guerra interrompono il progetto, che rimarrà incompiuto negli archivi fino al momento in cui Roy, nipote di Walt Disney, lo recupererà per caso, decidendo di concluderlo con l’aiuto di alcuni disegnatori che lo terminano nel 2003, mischiando i disegni originali alla computer graphic. Rimangono intatte le musiche originali di Armando Domínguez e la voce di Dora Luz, che canta Destino, che dà il titolo a questo straordinario lavoro surrealista.

A Hollywood, in realtà, Salvador Dalì era arrivato su invito del regista Alfred Hitchcock, per il film sulla psicoanalisi Spellbound del 1944 (tradotto in Italia come Io ti salverò): per materializzare le immagini del sogno raccontato dall’attore Gregory Peck sul lettino dell’analista Ingrid Bergman, il regista pensa proprio all’artista surrealista per dare corpo alle visioni oniriche che tanto turbano il protagonista.

La lavorazione del film ebbe delle difficoltà a causa proprio del lavoro di Dalì, sul quale il produttore David O. Selznick ebbe da ridire: per questo, larga parte di quella sequenza venne tagliata. E cancellata per sempre: tra le poche immagini sopravvissute, possiamo dire con certezza che il lavoro di animazione di Dalì era di 20 minuti e non di poco più di tre come lo vediamo oggi nella versione definitiva; tra le poche immagini che restano, era presente un passaggio in cui Ingrid Bergman si trasformava in una statua della dea Diana, e una scena ambientata in una sala da ballo, arredata con pianoforti sospesi e figure immobili che fingevano di danzare.

 

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Info: 091.328060
www.museodellemarionette.it 

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